Questo articolo sull’Apprendimento Agile è un estratto dell’intervista live (visibile per intero nel video in testata) fatta da Federico Vigorelli Porro a Giuseppina Cuccurullo, Learning and Development Leader Sisal, autrice del libro Agile Self-learning.
Giuseppina, ci racconti qualcosa di te? Qualcosa che gli ascoltatori ancora non conoscono?
Sono una grande appassionata di Apprendimento e di tutte le tematiche che comprende come: Apprendimento agile, Coaching, Mentoring, Apprendimento individuale o di team e così via.
Potremmo dire che mi autoalimento costantemente di questo!
Tu hai scritto un libro che si chiama “Agile Self-learning” che parla di auto-apprendimento, quindi ti chiedo: Che cosa vuol dire fare auto- apprendimento agile? E soprattutto, perché rappresenta una priorità non solo per i singoli individui ma anche per le organizzazioni?
Quando pensiamo alla formazione, è comune immaginarla come una rielaborazione di concetti che in qualche modo sono stati trasmessi, richiama l’idea di qualcuno che ti fa dono di una conoscenza. Dalla mattina in cui ci svegliamo alla sera in cui torniamo a dormire, avvengono quotidianamente una serie di eventi che ci permettono di assimilare esperienze sia a livello conscio che inconscio. Questo processo si traduce in auto-apprendimento. Ovviamente parliamo di un qualcosa che ha una grande componente individuale, ognuno di noi apprende attraverso modalità diverse, e soprattutto con una consapevolezza diversa.
Quindi per rispondere alla domanda sul perché parlare di Apprendimento Agile, posso dirti che la scrittura del mio libro affonda le radici in una ricerca che feci durante il periodo della pandemia da Covid-19, in quei giorni mi venne l’idea di unire una parte di argomenti di Agile all’auto-apprendimento, che per me, da buona coach e mentor quale sono, è una componente di estrema importanza. Pensando all’apprendimento degli adulti, in un contesto in cui è necessario rimanere costantemente aggiornati su nuovi trend e tecnologie, sono riuscita ad elaborare una nuova teoria che non dà per scontato l’apprendimento, ma invita le risorse a fermarsi, accogliere gli input, metterli in pratica, rifermarsi, rielaborare, raccogliere nuovamente, e così via. Il suggerimento che propongo nel mio libro è quindi quello di dividere il processo di apprendimento Agile in dei veri e propri Sprint, per usare una nomenclatura tipica di Scrum.
Oggi giorno con tutte le tecnologie innovative di cui disponiamo, l’organizzazione non è in grado di rispondere alle modalità di apprendimento di tutti, allora perché non stimolare e soprattutto facilitare la modalità del singolo, accompagnandolo verso qualcosa che è più semplice per lui, in cui si compie quel salto quantico in cui io, lato azienda, ti fornisco strumenti, spazi, indicazioni per poi lasciarti libero di seguire le tue modalità.
Potremmo quasi dire che non serve avere teorie della didattica complesse, se la persona è veramente motivata ad apprendere: potrebbe addirittura bastare un libro.
Pensando agli adulti, stimolare l’auto- apprendimento agile vuol dire rendersi conto di avere una mancanza, di qualsiasi genere, e lasciare libero l’individuo di attivare le risorse nel modo in cui gli è più congeniale.
Esatto, hai centrato perfettamente il senso del mio ragionamento. Come hai giustamente evidenziato, una persona apprende anche leggendo un libro, partendo da questa consapevolezza, perché non mettere a disposizione dei libri in un posto aperto a tutti? Questo è quello che abbiamo pensato e che ad oggi facciamo in Sisal, abbiamo la nostra libreria aperta a tutti i dipendenti, in cui è possibile prendere materiale di interesse disponibile.
La tecnologia è bellissima, ma ad alcune persone piace ancora la carta, quindi perché discriminarle!
L’apprendimento è un co-interesse tra individuo e organizzazione, per cui se pensiamo all’organizzazione viene spontaneo dire che l’apprendimento agile non può ridursi solo al mero piacere dell’individuo, ma dovrebbe contenere anche una componente strategica verso l’azienda.
Come troviamo, secondo te, l’equilibrio corretto tra percorsi di apprendimento personali e apprendimento strategico per l’organizzazione?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo seguire due linee guida: la prima è quella legata alla responsabilità dell’individuo, ovvero, se quello che apprendo autonomamente collima con il lavoro che faccio (come, ad esempio, imparare una lingua straniera) ben venga, ricordiamoci che far parte di un’organizzazione vuol dire guardare insieme verso un’unica direzione.
Altra linea che entra in gioco è quella del “”trust”, legata quindi al rapporto di fiducia tra l’organizzazione e l’individuo. Pensiamo allo Smart-Working: adottando questo diverso modo di lavorare l’organizzazione fa essa stessa auto- apprendimento agile, perché sceglie di lasciare spazio e tempo alla risorsa, sapendo che lo utilizzerà per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Inoltre, c’è anche la consapevolezza di lasciare tempo flessibile all’individuo per apprendere qualcosa che potrebbe diventare spendibile nel futuro.
Ultimo tema è legato ad una componente di meta-apprendimento, che vede l’apprendimento costante della risorsa come un allenamento a livello di memorizzazione e di pratica, di time management e tutti i processi che vengono messi in campo indirettamente. Le Organizzazioni non prendono in considerazione tutti questi aspetti “nascosti”, ma si concentrano sulla conoscenza principale, e questo incide sul tema motivazionale di cui abbiamo discusso in precedenza.
Il tempo c’è sempre purché uno dia valore a quello che fa! Stiamo parlando di un apprendimento diverso, non più utilitaristico ma, talvolta, anche fine a sé stesso.
Qual è secondo te il primo step da attuare per mettere in pratica questa nuova metodologia di apprendimento agile?
Come ogni tipo di apprendimento ci sono anche qui diversi gradi di approccio, è importante chiedersi qual è l’obiettivo che voglio raggiungere? Rientra qui anche un tema culturale, io ad esempio partirei da momenti di analisi definiti “open”, ovvero spazi aperti dominati anche solo da dialoghi per capire quanto le persone auto-apprendono e quali sono i contenuti a cui dedicano del tempo.
Dopodiché se sei una realtà strutturata, con un numero sostanziale di persone ingaggiate in termini di apprendimento agile, il passo successivo sarà quello di realizzare diverse progettualità sulla base degli input raccolti dalle risorse, per poi lasciarle libere di scegliere a quali di queste investire il proprio tempo.
In un’ottica di Agile Self-learning, dove creiamo dei team che si autorealizzano, secondo te, la figura del Manager che ruolo ricopre?
Parlando di Self-learning, nella mia visione, il manager è la figura di accompagnamento, in grado lui per primo di auto-apprendere, riscoprirsi costantemente e autovalutarsi tramite feedback, per poi trasferire alle persone una cultura organizzativa o crearne una nuova totalmente diversa dalla principale.
Non tutti i manager possiedono skills di mentoring, quindi capacità motivazionali e di sostegno verso le persone, questo è molto importante in ogni ambito, per cui sarebbe opportuno intervenire già in fase di selezione, approfondendo la presenza di determinate competenze.
È importante che i Manager ricordino di avere a che fare ogni giorno con delle persone, e che la leadership che utilizzano si trasferirà sugli individui che interagiranno con lui.
Un grande problema legato all’apprendimento nelle organizzazioni è quello della delegittimazione, ovvero: nel momento stesso in cui una persona è iscritta ad un corso e il suo Manager la chiama fuori per svolgere un’attività di altro tipo perché si è presentata un’urgenza, naturalmente sta delegittimando l’importanza di quel momento formativo.
Questo è senza dubbio un punto su cui le organizzazioni dovrebbero fermarsi a riflettere, sei d’accordo?
Sono molto in linea con questo pensiero. Parto dal presupposto che a prescindere da quale sia il tuo ruolo all’interno dell’organizzazione, hai sempre una responsabilità.
Di conseguenza devi essere un facilitatore. Se sei un manager devi sempre ricordarti che quella che per te può essere un’opportunità non è detto che lo sia anche per un tuo collaboratore, solo monitorando costantemente i desideri dei nostri collaboratori riusciremo ad avere risorse soddisfatte e valorizzate.
Un altro aspetto su cui bisogna insistere è la legittimazione delle persone, spesso sentiamo frasi del tipo: “eh ma il mio capo mi ha chiamato”. È fondamentale che le persone capiscano l’importanza del momento formativo che stanno vivendo. Per molti è spesso difficile ritagliarsi degli spazi propri, ma è bene tenere a mente che se ci rubano del tempo è perché stiamo dando la possibilità di farlo.
Noi dobbiamo far sì che i valori abbiano valore, e se la formazione è un valore devono esserci dei meccanismi per far sì che le persone diano veramente valore a questa attività.
Ci racconti, nel pratico, in che modo nella tua azienda vi occupate di Agile Self-learning?
La regola è: partire da cose semplici.
Se dovessi iniziare domani ad applicare l’Agile Self-learning all’interno di un’organizzazione, partirei dal capire quali attività “basic” posso creare, sia a livello di spazio fisico, che come spazio digitale. L’obiettivo dell’organizzazione è capire qual è la dimensione spazio-tempo che può dedicare alle risorse e qual è la dimensione spazio-fisica che le persone hanno a disposizione e che possono utilizzare per apprendere. Fondamentale è creare dei momenti per dare stimoli ai nostri collaboratori.
Per citare le parole dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupery, dal libro Il Piccolo Principe:
“Se vuoi costruire una nave prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato”.