/, Coaching, Gamification ed E-learning, Giochi per il Business/Gamification Tips #2 – Pensa al divertimento!

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Gamification = rendere giocose delle attività non ludiche. (L’ho già detto, ma non mi stanco mai di ripeterlo).

Da questa definizione discendono molte considerazioni sulla creazione di un progetto di gamification, che deve essere a tutti gli effetti un processo di game design.

Per creare un bel gioco è fondamentale pensare alla nicchia di giocatori a cui ci si rivolge: cosa li motiva? Nessun gioco piace a tutti – questo, generalmente, è perché ogni gioco stimola motivazioni differenti ed ognuno di noi è più sensibile ad una motivazione, piuttosto che ad un’altra.

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Pensa a te stesso. Sei un gamer? Ti piace passare parte del tuo tempo libero giocando? (online, oppure anche no). Se la risposta è “no”, è probabile che sarai uno di quelli a cui non piacerà molto partecipare alla gamification – ci sono sempre, in ogni azienda, rispetto a qualunque iniziativa.

Se la risposa è “sì”, invece, pensa all’ultimo gioco a cui tu ti sia appassionato per davvero, dietro a cui tu abbia speso molte ore. Cos’è che ti ha “acchiappato” così tanto?

Per alcuni, la cosa più stimolante di tutte è la dinamica sociale, l’interazione con gli altri giocatori. Senza una dimensione social, del gioco si disinnamorano molto in fretta.

Per altri, all’opposto, l’importante è poter agire (in maniera competitiva/ostile!) verso gli altri giocatori – sono quelli che chiamiamo i Player Killer, quelli per cui l’importante non è partecipare, ma vincere – o meglio sconfiggere gli altri giocatori.

Altri ancora vogliono poter agire attivamente sul mondo di gioco, sono sempre stimolati dalla dinamica competitiva, ma in questo caso la rivolgono verso se stessi: sono gli Achiever, quei giocatori che amano sfide o puzzle sempre più complessi, per mettersi alla prova e migliorarsi di continuo.

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Infine, ci sono persone che desiderano interagire con mondi di gioco ampi, ricchi, nuovi, ben costruiti, dotati di una narrativa (implicita o esplicita che sia) solida ed accattivante, che impiegano ore a scoprirne ogni segreto, ad ascoltare ogni linea di dialogo, a sperimentare (“ma cosa succede se a quel personaggio rispondo diversamente?”), a collezionare i badge, non tanto per dimostrarsi di essere bravi o “bullarsi” con gli altri, quanto per un senso di completezza.

Inserire tutte queste motivazioni in una gamification è tutt’altro che semplice: molto spesso, tendiamo a proiettare il nostro concetto di divertimento sugli altri, con l’effetto di appassionare solo una nicchia molto ristretta di persone. Però, perché abbia successo, dobbiamo considerare: chi sono i nostri giocatori? Cosa vogliamo che facciano? Come vogliamo che si divertano? Siamo certi che tutti trovino la propria motivazione a partecipare?

A volte, capita che qualche stakeholder, specialmente in aziende con una cultura un po’ tradizionale, si “spaventi” dietro a concept di gamification molto improntati al divertimento, tipicamente uscendo con frasi del tipo “noi non siamo pronti per questo tipo di cose”.

Pronti per cosa, esattamente? Per divertirsi? Per giocare? Ricordiamoci che il gioco è una delle motivazioni primordiali più potenti.

Nessuno è “non pronto” per giocare – e non c’è niente di male!

Esploreremo questo punto più avanti, in un articolo dedicato.

2017-11-05T19:09:45+00:00 By |0 Commenti

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