Gli psicologi la chiamano pigrizia sociale
Nel 1961 John F. Kennedy disse: “Non chiedete che cosa possa fare il paese per voi; chiedete che cosa potete fare voi per il paese.”. E la questione è ancora attuale perché sono molti i casi in azienda di dipendenti che, in gruppo, si limitano a svolgere le proprie mansioni senza proporre nuove idee o leggere per aggiornarsi o mostrare motivazione.
Questo fenomeno, noto come pigrizia sociale, si verifica quando l’impegno di ognuno diminuisce man mano che aumenta il numero di persone coinvolte. La prima osservazione di questo fenomeno avvenne alla fine del diciannovesimo secolo quando un agronomo di nome Ringelman osservò che, riunendo diversi buoi, la loro forza nel trainare un aratro non era superiore alla somma delle loro forze individuali. Ringelman decise allora di riprodurre la propria osservazione su alcune squadre di tiro alla fune e notò che le prestazioni dei singoli diminuivano coll’aumentare del numero dei partecipanti. Ringelman pensò che il calo di prestazioni a livello collettivo fosse dovuto all’imperfetta coordinazione degli individui, ma nel secolo successivo lo psicologo Ingham stabilì che il fenomeno era invece dovuto a un bias. Lo stesso pregiudizio è stato osservato ad esempio in un esperimento in cui si chiedeva ad alcuni studenti di gridare e applaudire il più forte possibile con il pretesto di salvare la registrazione per un nuovo studio. Ebbene l’intensità sonora di grida e applausi diminuiva man mano che la dimensione del gruppo aumentava.
Perché diventiamo pigri?
Sembrerebbe che, quando sappiamo di dover lavorare in gruppo, la nostra motivazione subisca un inevitabile calo. In un esperimento è stato detto ad alcuni soggetti di prepararsi a un test individuale e ad altri a un test collettivo. Poco prima dell’inizio del test gli sperimentatori hanno proposto ai partecipanti di prepararsi mentalmente risolvendo alcuni esercizi grafici. I risultati degli esercizi hanno dimostrato che il rendimento era inferiore quando i partecipanti erano convinti di dover superare un test collettivo. Il fatto di sapere che altri agiranno con noi per lo stesso risultato ci porta a ridurre inconsapevolmente il nostro sforzo.
Di fatto la pigrizia sociale è influenzata da diversi fattori individuali, culturali e situazionali ed è compito del manager saperli gestire al meglio e optare, in base alle circostanze, per attività individuali o collettive.
Il compito del manager
Spetta al manager creare le condizioni che favoriscano il rendimento individuale anche in contesti di gruppo. Non è detto, infatti, che tutte le persone diventino più pigre quando lavorano in gruppo.
Ad esempio sappiamo che nei gruppi di dipendenti in cui si cerca di trovare idee nuove o soluzioni a quello che non funziona attraverso il brainstorming, le persone che si collocano nella parte inferiore della gerarchia hanno paura di esporsi perché temono di essere giudicate, mentre quelle di alto livello esitano a produrre idee controverse o troppo ardite perché consapevoli di dover difendere la propria immagine sociale. La produttività dei diversi dipendenti può calare, ma per ragioni diverse.
Di conseguenza spetta al bravo manager saper identificare le situazioni che ottimizzano la produttività sociale scegliendo in base alle circostanze un approccio della gestione basato sulla performance individuale o su quella collettiva.
Come?
- Creando coinvolgimento: se le persone hanno l’impressione che il loro contributo a uno sforzo collettivo non verrà considerato, la loro motivazione è destinata a calare. Viceversa, dicendo loro che anche le perfomance individuali saranno prese in considerazione, le cose cambiano radicalmente.
- Responsabilizzando i singoli: ad esempio avvertendo tutti che l’intero gruppo verrà penalizzato se le performance individuali non saranno soddisfacenti.
- Riorganizzando i gruppi di lavoro: cambiando gruppi e ruoli tutte le volte che compaiono i primi sintomi di pigrizia sociale.
- Identificando i più motivati e accerchiando i narcisisti: creando quindi gruppi con una presenza omogena di persone che rientrano in queste categorie.
E così anche nei corsi di formazione
Anche nei corsi di formazione è possibile osservare il fenomeno della pigrizia sociale, unito alla diverse caratteristiche individuali che possono portare alcuni partecipanti a lasciar spazio ai più estroversi.
E’ per questo che nei nostri interventi alterniamo sempre lavori di gruppo a esercizi individuali, cambiamo spesso la composizione dei gruppi per favorire un confronto più ampio e la partecipazione di tutti e sappiamo riconoscere le caratteristiche individuali per arginare l’esuberanza dei più protagonisti e stimolare la partecipazione de più attendisti.
Per limitare il fenomeno della pigrizia sociale nella formazione è fondamentale dare continuità al percorso in aula definendo obiettivi di sviluppo individuale che ciascun partecipante potrà portare avanti dopo il corso con il supporto del trainer e del suo responsabile.
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