Questo articolo è la seconda parte legata alla Vendita Agile. Leggi la prima in questo articolo.
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Vendita Agile (532 downloads)Il vantaggio dei modelli di derivazione anglosassone è che sono codificati, studiati, analizzati, applicati, comprovati in molte aziende. Spiegano a modo loro un set specifico di algoritmi – normalmente, un set internamente coerente, da cui emerge il “profilo del venditore perfetto”, oppure la tecnica di intervista più adatta. Come abbiamo già analizzato, sposare aprioristicamente un modello di vendita perché altre aziende, magari in altri settori, ne hanno tratto beneficio, è un grande rischio.
Per questo, nello sviluppare il paradigma della Vendita Agile, in Choralia abbiamo imparato a partire dai dati dell’azienda, tramite un approccio di People Analytics come VANTIC ©, cioè dell’analisi dei dati relativi alle persone – i venditori, in questo caso.
Molte aziende conoscono alla perfezione i KPI dei propri commerciali: n° telefonate a freddo, fatturato, contratto medio, n° trattative avviate, n° visite per chiusura, n° tweet al mese (nella vendita Digital, ormai, i KPI social stanno diventando la norma).
Meno aziende, invece, hanno investito nella definizione e nell’assessment preciso e ripetuto di un sistema di competenze proprio, che definisca, dalla A alla Z, ciò che un venditore deve saper fare.
L’annosa domanda che tormenta i venditori e le direzioni commerciali, però, è la seguente: ma queste competenze, siamo sicuri che servano a qualcosa? Perché Ugo, a Napoli, è uno dei migliori venditori e non ascolta quasi per niente, parla rapidamente e chiude contratti a ruota. Però anche Giampaolo, a Verona, che è tutto relazione e chiacchiere, sorridente ed amichevole, fa numeri praticamente paragonabili. Ma non sarà che alla fine sono altri fattori – i clienti, la zona, i prodotti, il fattore C – a rendere Ugo e Giampaolo bravi, mentre altri bucano regolarmente il budget?
La risposta è: sì, è decisamente possibile (l’esempio sull’ascolto è provocatorio – di rado, nella nostra esperienza è una competenza inutile). Scegliere di investire su una competenza anziché su un’altra è un’operazione scientifica, condotta sulla reale situazione di ogni azienda, non un atto di fede nella bontà di un modello valido per altri, o nelle intelligenti deduzioni di qualche consulente.
Una soluzione integrabile con questo approccio è lavorare sul “software” che migliora la capacità di adattato del venditore.
La competenza chiave: Learning Agility
Di Learning Agility abbiamo già parlato in questo articolo monografico sull’agilità organizzativa; sul nostro canale Youtube c’è anche un’intervista specifica sull’utilità, a livello manageriale, di questa competenza.
Che il mondo delle vendite stia cambiando, è un’evidenza sotto gli occhi di tutti: cambiano i prodotti, cambiano i concorrenti, cambiano gli acquirenti, le loro abitudini, il loro Customer Journey, le loro paure.
Jill Konrath, affermata consulente americana nel mondo delle Vendite, nel suo ultimo libro, Agile Selling, sostiene che l’unica competenza che ha un’importanza costante, nel tempo e trasversalmente a tutti i settori, è la capacità del venditore di apprendere velocemente ed adattarsi rapidamente alle mutate condizioni di contesto.
Il suo punto di vista è assolutamente condivisibile.
Prendiamo l’esempio fatto all’inizio dell’articolo, sull’azienda della moda con due modelli di vendita differenti a seconda del prodotto. Qual è l’unica competenza che può permettere ad un venditore di eccellere in entrambi? La sua capacità di apprendere, ed adattare i propri comportamenti.La Learning Agility di per sé è quella che potremmo considerare una meta-competenza, cioè traversale a tutte le altre, in quanto (per darne una definizione differente) è la capacità di spostarsi fra una competenza e l’altra, a seconda delle richieste e del mutamento del contesto (Chonko, L.B. Jones, E.; The Need for Speed: Agility Selling; Journal of Personal Selling & Sales Management, Vol. 25 , Iss. 4, 2005).
Quindi, il venditore agile è capace di imparare ed adattarsi; la competenza da acquisire, ne discende, è proprio la capacità di apprendere più velocemente della concorrenza (ma d’altra parte lo diceva già Senge, quando diceva che, “L’unico vantaggio competitivo sostenibile per un’organizzazione è la capacità di imparare più velocemente della concorrenza” – e questo è vero tanto per le aziende, quanto per i singoli venditori, che hanno disperato bisogno di trovare fonti di vantaggio competitivo sostenibile!).
Imparare ad imparare
Molti di noi danno per scontato che apprendere sia una competenza acquisita, qualcosa su cui non abbiamo margine di miglioramento. Ci sbagliamo di grosso: come la flessibilità muscolare può essere allenata, e porta grandi benefici, così anche l’agilità di apprendimento deve essere costantemente affinata.
Alcuni passi utili per allenare la propria Learning Agility:
Locus of control interno
Il Locus of Control è un concetto psicologico che rappresenta ciò che ognuno di noi è convinto essere il fattore determinante nel proprio successo e nelle proprie azioni e pensieri. In altre parole: di chi è colpa, se fallisco una vendita? Del cliente, del prodotto, del prezzo, dell’azienda, dei concorrenti? Se la risposta è sempre quella, ho un locus of control esterno: la responsabilità sta sempre fuori da me. Questo mi impedisce di migliorare, perché tende a ridurre la mia percezione di controllo sull’esito delle mie trattative.
Viceversa, un locus of control interno è quello che si concentra su ciò che, invece, sta nella mia area di controllo. Il cliente mi ha chiuso la porta in faccia; cosa ho fatto, io, per causare questo comportamento? Cosa avrei potuto fare di diverso? Se mi concentro su ciò che sta nella mia area di controllo, creo le condizioni per apprendere come evitare errori e far leva su opportunità – cioè per migliorare.
Averne voglia
Impariamo solo se ne abbiamo voglia, se siamo motivati a farlo. Chi si sente “arrivato”, chi dice “vendo questo prodotto da tanto tempo, alla fine sono sempre le stesse cose”, quei partecipanti che si schermano dietro a “faccio il venditore da vent’anni, le ho sentite tutte, le tecniche di vendita” si sta negando la possibilità di sviluppare la propria Learning Agility; si cristallizza su comportamenti, magari eccellenti in un dato momento o con certi clienti, ma rende difficilissimo adeguarsi ad un cambiamento.
Imparare è faticoso, perché richiede di mettere in discussione strategie e comportamenti acquisiti e di successo; ma è l’unica competenza in grado di assicurarci il successo nel lungo periodo.
Apertura ad altri punti di vista
Che sia ascoltare il formatore quando ci consiglia un nuovo metodo di vendita, che sia osservare ciò che fa un nostro collega più giovane, che viene da un altro settore, che sia chiedere (ed ascoltare!) feedback ai nostri clienti, che sia studiare ed informarsi costantemente, che sia partecipare a forum e gruppi di discussione con clienti e magari anche concorrenti, la Learning Agility passa anche per l’apertura ai punti di vista altrui. Più sono, più siamo in grado di cogliere spunti ed integrarli nel nostro “portfolio” di competenze di vendita.
Sfida al miglioramento continuo
Ogni venditore è costantemente sotto pressione per raggiungere un obiettivo. Il direttore commerciale, il capo area, il sales manager sono sempre dietro ad insistere, monitorare il target, spronare a vendere di più, meglio, chiudere contratti. La retribuzione di molti commerciali è, spesso, direttamente dipendente proprio dal raggiungimento degli obiettivi; per non parlare delle gare, che ci chiedono di vendere più degli altri.
Questo tipo di approccio ha i suoi meriti, ma lascia poco spazio al miglioramento personale, perché spesso ci forza a reiterare comportamenti di successo, anziché affrontare le criticità. Negli sport di competizione individuale (corsa, nuoto, sollevamento pesi) è molto utilizzato il concetto di Personal Best: il mio miglior tempo sui 50 metri a Delfino, oppure il massimo peso che io abbia mai staccato da terra.
Un metro per il miglioramento continuo è battere sempre il proprio Personal Best, perché ci permette di analizzare la nostra attività e trovare cosa potremmo aggiustare e cambiare per incrementare la nostra performance.
Chiaramente, per far questo è necessario tener ligiamente traccia dei propri KPI, impegnandosi a migliorare i propri “Personal Best” (per esempio, il tasso di Conversione delle Lead in vendite; oppure in primi appuntamenti, se è questa la metrica più utile nel mio caso).
Oltretutto, conoscere i propri KPI è importante per leggere la situazione e capire quando è necessario cambiare approccio.
Se vogliamo prendere il modello sportivo come riferimento, poi, nessuno sportivo di fama agonista penserebbe mai di migliorare la propria performance senza un coach! Per cambiare c’è bisogno di uno sguardo critico dall’esterno, che ci aiuti a correggere i movimenti e le traiettorie, osservandoci – cosa che un Sales Coach può fare.
Euristiche per apprendere in fretta
Ci sono molti testi specialistici che parlano di euristiche (scorciatoie) che ci permettono di imparare più rapidamente; in ultima analisi, ognuno di noi deve trovare quegli stratagemmi che funzionano meglio per sé.
Se il tema oggetto di apprendimento è una conoscenza, viene utile ricordare che la chiave è, sempre, la ripetizione spaziata: un contenuto viene consolidato nella memoria a lungo termine se viene richiamato alla mente periodicamente.
Un’altra tecnica molto utile è quella delle mappe mentali, che aiutano a collegare concetti differenti, creando connessioni logiche, che sono più immediate da rammentare, rispetto a concetti avulsi; nello stesso filone c’è la tecnica della narrazione, cioè trasformare un concetto in una storia (per esempio, applicarlo immediatamente alla realtà di un cliente).
E se dobbiamo, invece, apprendere una competenza?
Simulazioni, simulazioni, simulazioni
Simulare intenzionalmente scenari di vendita è l’unico modo per migliorare nella vendita stessa
J. Konrath, Agile Selling
Chiunque sia stato ad un corso di vendita avrà sentito qualche collega (o fatto lui stesso!) sbuffare quando il docente ha proposto un role-play, o simulazione di vendita, chiamarlo “teatrino” ed affermare che non serve a niente, perché è una situazione “falsa”, “artificiosa”, “senza il cliente davanti è tutto finto”.
Questa è una resistenza – comprensibile – al doversi mettere in gioco di fronte a dei colleghi, rischiando di fare anche una figuraccia, ma è l’unico modo per imparare una soft skill: provarla, in un ambiente “protetto”.
Che sia ad un corso, che sia con un collega, oppure davanti allo specchio, è fondamentale simulare spesso, provare a fare e dire quello che dovremo dire e fare davanti ad un cliente. C’è un nuovo prodotto? Simuliamo a coppie (meglio in tre, così uno osserva) una trattativa! Sfidiamoci a vicenda con dei colleghi, mettiamoci reciprocamente in difficoltà, perché essere preparati su diversi scenari ci permetterà di presentare alla perfezione i benefici che quel nuovo prodotto o servizio possono portare ai clienti reali – che saranno sicuramente meno pazienti, rispetto ai nostri colleghi.
Se siamo da soli, registriamoci e riascoltiamoci; se siamo con un collega, chiediamo un feedback che non ci faccia sconti. Ci serve per migliorare; dopo 1, 10 o 100 anni passati a vendere; molto spesso, quello che ha senso nella nostra testa, non ne ha alcuno per chi ci ascolta.
In sintesi
Il lavoro di commerciale può essere fonte di grandi soddisfazioni, ma anche di grande stress. Può gettare le basi per una spettacolare carriera (quanti CEO sono nati “nei ranghi” delle Vendite?), ma può anche portare ad una progressiva demoralizzazione, quando vediamo che ciò che funzionava all’inizio della nostra carriera, non funziona più – e siamo portati a dare la colpa di tutto ciò ai clienti, al mercato, alla sfortuna. Oppure ci accontentiamo del livello a cui siamo arrivati, e come l’Impero Persiano ai tempi di Alessandro il Grande, diventiamo un “gigante con i piedi d’argilla”; se cambiano le condizioni, crolliamo.
Affrontare gli imprevisti e l’incertezza del nostro mercato attuale non dipende da una singola caratteristica. Dipende dalla capacità di attingere a diverse competenze, apprendendo momento per momento come adattarsi alla realtà.
Come disse Leon C. Megginson (attribuendo erroneamente a Darwin la frase):
Non è la più intelligente delle specie quella che sopravvive; non è nemmeno la più forte; la specie che sopravvive è quella che è in grado di adattarsi e di adeguarsi meglio ai cambiamenti dell’ambiente in cui si trova.
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